Il problema dell’ossidabilità dei vini e la FML

Tra i maggiori problemi che compromettono la qualità e la freschezza nei vini bianchi vi sono sicuramente l’ossidazione e la fermentazione malolattica spontanea. In particolare nella vinificazione in bianco la stabilità ossidativa e microbiologica diventano molto importanti per produrre vini che possano resistere diversi anni in bottiglia senza sviluppare difetti.

Se fino a qualche anno fa il vino bianco era bevuto principalmente in loco e giovane, oggi alcuni vini “viaggiano” per tutto il mondo e possono restare in bottiglia anche diversi anni prima del consumo.

Anche la commercializzazione dei vini bianchi italiani in tutto il mondo mette i produttori e gli enologi di fronte all’ardua sfida di conservarne aromi caratteristici e freschezza dall’imbottigliamento al momento in cui la bottiglia viene stappata.

Ultimo fattore da considerare, ma non meno importante, è la sempre maggiore attenzione nel consumare prodotti enogastronomici salutari, che ha fatto diminuire molto il contenuto di anidride solforosa nei vini, sostanza importante in enologia, ma lievemente nociva per l’uomo.

Vinificazione e problemi di ossidazione

Un vino bianco ossidato dà sentori olfattivi che ricordano il Madeira o il Marsala e anche il colore è più ambrato, con riflessi che vanno dal giallo carico al così detto “browning”.

Nasi allenati come quelli dei sommelier percepiscono nei vini ossidati aromi che ricordano noci, mela marcia, colla, aceto e sapone. Questi odori, non proprio piacevoli quando si annusa un vino bianco prima di berlo, sono dovuti all’eccessivo contatto con l’ossigeno o a processi di ossidazione non controllati.

L’azione dell’aria inizia dal momento della vendemmia e prosegue anche quando il vino è in bottiglia, quindi gli enologi utilizzano sostanze per contrastare questo effetto indesiderato dell’ossigeno.

Uno degli additivi più usati è l’anidride solforosa che, addizionata al mosto o al vino, svolge un’azione antiossidante. Oltre a contrastare l’azione dell’ossigeno l’SO2 svolge anche un’importante azione antiossidasica nei mosti (blocca gli enzimi ossidasici presenti nell’uva) e antisettica (inibisce batteri, muffe, lieviti).

Come detto, il problema dell’anidride solforosa è la tossicità per l’uomo, infatti per legge nella produzione di vini se ne possono utilizzare 200 mg/l per i bianchi, 150 mg/l per i rossi.

La fermentazione malolattica indesiderata

Quando si vuole conservare la fragranza e la freschezza del vino bianco, oltre a tenere sotto controllo l’ossidazione, bisogna anche evitare che inizi una fermentazione malolattica indesiderata.

Le soluzioni per contrastare la fermentazione malolattica sono diverse e caratterizzate da pregi e difetti. Oltre alla già citata anidride solforosa, altri metodi utilizzati per inibire la FML sono:

  • Lisozima
  • Basse temperature
  • Filtrazioni

Il lisozima è un enzima battericida che ha efficacia nei confronti dei gram positivi e quindi combatte i batteri responsabili della fermentazione malolattica. Il problema che sorge, oltre ad essere un prodotto relativamente costoso, è la necessità di ripetere la chiarifica o controllare le successive aggiunte nel vino perché l’enzima destabilizza proteicamente. Inoltre, essendo un allergene, il lisozima deve essere indicato nelle etichette.

La fermentazione malolattica si attiva più facilmente a temperature più alte, quindi mantenere una temperatura inferiore ai 10 gradi centigradi sarebbe una soluzione naturale, ma oltre al consumo eccessivo di frigorie si ha anche un maggiore discioglimento dell’ossigeno e quindi maggiore possibilità di incorrere in ossidazioni.

Anche la filtrazione del vino dopo la fermentazione alcolica è efficace per non avere la successiva fermentazione malolattica, ma anche in questo caso l’ossidazione, oltre ad un impoverimento troppo precoce del vino rappresentano un problema.

Attualmente esistono metodi naturali ed efficaci per combattere la FML e l’ossidabilità dei vini, come quelli ideati da Vason che ha creato chiarificanti specifici per contrastare l’ossidazione e l’attività dei batteri malolattici.