Il Gambling e quella stretta tra responsabilità e disperazione

Da quando il gioco d’azzardo è stato legalizzato in Italia, si è assistito ad un vero e proprio boom del settore. Ad oggi, siamo diventati il mercato del gioco d’azzardo più grande d’Europa, con un fatturato di oltre 94.5 miliardi di euro nel 2016. Sono cifre enormi, specie se si considera che, fino al 1992, il gioco d’azzardo era considerato un rischio sociale. Tutto era illegale, salvo pochi esercizi autorizzati. Il gambling era visto come un disvalore etico-sociale. Le uniche aperture fatte nel corso di questi anni furono per lotterie, Totocalcio e i quattro casinò presenti nel territorio italiano.

Oggi, le cose sono cambiate parecchio, al punto che c’è una corsa al contrario, ovvero, verso un tentativo di limitare il più possibile l’azzardo. È evidente che da quando lo Stato ha visto nell’azzardo una risorsa economica importante, ha fatto di tutto per trarne vantaggio. Ad oggi, da noi manca ancora una legge vera e propria che ne regolamenti l’uso. Per questo motivo, i critici del gioco d’azzardo, vedono nel gioco responsabile una sorta di ossimoro. Come è possibile essere razionali in un’attività che accresce la dopamina, stimolando il cervello ad essere più “avventuroso”?

Sono molte le associazioni anti-gambling che si sono scagliate contro questa definizione, considerata una sorta di farsa. In realtà, sui siti dei casinò, esistono sistemi chiari che servono per regolamentare il gioco. Ad esempio, al momento dell’iscrizione, viene chiesto di inserire un importo massimo settimanale di denaro che si vuole puntare e sopra cui non si vuole andare. È ovvio che tale somma possa essere modificata, ma è comunque un limite che esiste. Le case da gioco non hanno alcun interesse ad un sistema che non sia regolamentato, ma devono anche fare i propri interessi.

In realtà, se esiste un problema ludopatia, è molto più diffuso tra i giocatori “terrestri” che tra quelli dell’online.

Recentemente l’Economist, al margine di un forum sulla diffusione del gioco d’azzardo, ha rilasciato dei dati preoccupanti che coinvolgono proprio il nostro Paese. L’Italia è la nona nazione al mondo per perdite di denaro da parte dei giocatori adulti, nel gioco d’azzardo legale e il quarto per volume delle perdite su scala nazionale: 19 miliardi di dollari. Peggio di noi fanno solo gli Usa (116,9 miliardi di dollari), la Cina (62,4 miliardi) e il Giappone (24,1 miliardi).  Le perdite maggiori arrivano dalle “macchinette” dove un italiano lascia in media 200 dollari l’anno (170.35 euro). Del resto, qui da noi, sono installate 400.000 slot machine, pari a una macchinetta ‘mangiasoldi’ ogni 150 abitanti.

In Italia, nonostante il gran balzo dell’online dell’ultimo anno (+25%), si gioca ancora relativamente poco in questo settore rispetto ad altri Paesi. La verità è che la ludopatia, da noi, è principalmente un fenomeno sociale. In Italia gioca il 47% degli indigenti, il 56% di gente che ha un reddito medio-basso, l’80.2% dei lavoratori saltuari e l’86% dei cassintegrati.

Sono questi i dati che devono far riflettere. Il gioco responsabile non è una barzelletta, ma, la verità, è che da noi, chi gioca lo fa per disperazione e contro di essa non c’è legge che tenga.